Antonio Bueno

Berlino, 21 luglio 1918 – Fiesole, 26 settembre 1984

Svolse gli studi artistici in Spagna e Svizzera. Nel 1937 fu a Parigi, dove espose al Salon des Jeunes; poi nel 1940 col fratello Xavier, si trasferì in Italia. Dopo un’esperienza post-impressionista, nell’immediato dopoguerra aderì alla lezione di Gregorio Sciltian eseguendo opere trompe-l’œil e, con Pietro Annigoni ed il fratello, ader’ al manifesto dei “Pittori moderni della Realtà“.[1]

Sperimentatore accanito ed irrequieto, dopo queste esperienze portò avanti numerose ricerche: pittore astratto (1950-53) in concomitanza al suo lavoro di segretario presso la rivista Numeroneometafisico con la serie dei dipinti con pipe di gesso (1953-57); verista; materiologico sulla scia dell’Informale con una serie di impronte (1960-62); segnaletico e pop a metà degli anni 1960; neo-dada e pittore visivo. Nell’eclettismo della sua produzione, restano noti al grande pubblico soprattutto le sue figure di busti e teste tondeggianti, ragazzi vestiti alla marinara, pompieri, reinterpretazioni di grandi opere della storia dell’arte, con caratteristiche tondeggianti e semplificate e neoteniche.

Ottenne la cittadinanza italiana nel 1970.

Definitiva consacrazione di Bueno alla Biennale di Venezia del 1984, giusto pochi mesi prima della sua morte, quando egli era già gravemente malato: alla mostra presentò una serie di opere che rappresentano senza dubbio il vertice di tutta la sua produzione artistica dell’epoca matura.