Ottorino Mancioli

Il dialogo silente: lo sguardo nelle opere di Ottorino Mancioli

Dal 08/03/2016 al 31/03/2016

Il dialogo silente: lo sguardo nelle opere di Ottorino Mancioli

Una donna formosa, descritta con poche linee curve che ne tratteggiano la fisionomia e il carattere, ci dà le spalle mentre esita di fronte allo specchio che le rimanda la sua stessa immagine. E’ indecisa, lo sguardo che rivolge a se stessa – e che grazie al gioco di specchi arriva fino a noi – è espresso icasticamente dal titolo dell’opera: Esame.
In questa estrema sintesi del segno e del messaggio si racchiude il segreto dell’immediatezza di Ottorino Mancioli, che senza bisogno di spiegarsi e spiegare le sue opere, lascia che esse parlino da sole. Sono metafore lasciate intendere allo spettatore che è libero di interpretarle nel modo a lui più gradito e congeniale, senza l’irruzione dell’artista nella dialettica tra opera e pubblico.

Mancioli con tratto grafico secco e dinamico sembra voler catturare d’impeto ciò che vede di fronte ai suoi occhi,  prima che fugga via, che sia troppo tardi per immortalare la scena che un secondo dopo cambierebbe.
Sono figure ossimoricamente “statico-dinamiche” quelle di Otto Man, che da ferme intrappolate su un foglio di carta rimandano il dinamismo e la forza del movimento che solo l’impronta futurista ha saputo trasmettere ai suoi successori.
Artista della seconda generazione futurista, Mancioli deve molto alla lezione dei suoi colleghi, che in alcuni casi parafrasa in altri respinge ma senza mai imitare in maniera pedissequa, sempre innovando e trasmettendo quello struggente senso di gioia di vivere che solo un curioso ed entusiasta disegnatore avrebbe potuto tramandarci.
Quelle che descrive sono scene di vita quotidiana in presa diretta, dovremmo dire scene della “sua” vita quotidiana, movimentata e mai statica, come le sue figure.
 E’ su questa falsariga che è emerso lo spunto per la presente mostra, ovvero l’indagine di secondo livello del movimento, non fisico ma psicologico: lo sguardo.   E’ infatti il gioco di sguardi, ad una seconda lettura più attenta delle opere, a contribuire alla messa in moto delle figure, a creare una sottile tensione tra di loro, a farle comunicare e a lasciar immaginare a noi delle situazioni, scene di vita vissuta. Ottorino è sempre lì, matita in mano pronto a catturare su qualsiasi supporto grafico  quel rapido scambio di sguardi tra alcuni tronfi marinai al casino e delle rassegnate e disincantate prostitute, o ancora tra due ballerini di tango avviluppati in una torsione raffinata e sensuale al contempo; e poi tra una donna africana in abiti tradizionali e un ufficiale militare o anche a sorprendere dei bambini che di nascosto sbirciano sotto le gonne di alcune “signore” che sembrano non battere ciglio, ormai avvezze a ogni tipo di attenzione maschile. Capovolge i cliché a volte, allora è un gruppo di donne intente a rimirare un “corteggiato” il soggetto dell’opera o ancora un confronto tra miseria e nobiltà racchiuso nel tema della maternità.
C’è un’umanità varia e sapientemente descritta in queste opere, che non si limita alla spensierata vita borghese dell’epoca ma spazia entro i meandri della società esaminandola in ogni sua sfaccettatura, sempre con un inarrestabile curiosità e comunicatività.
Il contrasto tra la povertà dei supporti (matita, china, carboncino spesso su fogli di fortuna) e la raffinatezza della descrizione narrativa espressa nello slancio delle  figure, nel tratteggio delle vesti alla moda e nell’uso accennato del colore, rende queste opere delle immagini parlanti, in una triade di sguardi che coinvolge l’artista, i personaggi ritratti e lo spettatore esterno: un dialogo silente.